Immergi le tue dita tra i sassi e l’acqua del lago, e sorridi al pensiero di quanta storia si raccolga proprio lì, a un passo da te, in quegli stessi sassi e in quello stesso lago. Fissi lo sguardo sulle onde verdastre del mare di Galilea e riesci quasi a vedere la fatica della pesca notturna, la tempesta per i forti venti, i passi incerti di Pietro. La Terra Santa è così, non è tanto questione di trovare le parole, ma solo di avere un cuore aperto e disposto a cercarle.
Tornata da meno di un mese da quella terra, è ancora vivo un fuoco dentro che accende la quotidianità, le dà senso e calore. Capita ogni volta che decidi di acconsentire a quel desiderio che si muove dentro, a compiere quel “santo viaggio” e a lasciare che ti cambi la vita, trasformi il cuore, lo apra, lo scuota e lo interroghi. Così ogni viaggio in Terra Santa è uno spartiacque, c’è un prima e un dopo: il prima, scandito dai tuoi passi incerti verso il Santo Sepolcro, e il dopo, con la corsa frettolosa del ritorno da quella tomba vuota, pieno di “timore e gioia grande”.
In soldoni, caro fratello o sorella, se mai ti scontrassi con qualcuno, ancora impolverato e illuminato dal quel viaggio, e ti venisse la balzana idea di chiedergli qualcosa, e – peggio ancora – sentissi nel cuore il desiderio di impolverarti e illuminarti anche tu, scappa a gambe levate subito, oppure stai in questo desiderio fino in fondo. Perché, dopo la Terra Santa, sarà nuova la tua vita e la tua storia: diventerà anche la tua terra una terra santa.
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